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 (di Simone Perotti)

“E’ dura essere poveri in Paesi senza sole”. Bell’inizio del dialogo con Marilli Mastrantoni, parlando del tempo. Attrice e direttore artistico di eventi culturali, Marilli non sa il perché del suo nome e cognome italiano. “Mia nonna era romea, di Kannakale. Nel ’22  la sua famiglia fu costretta a rifugiarsi in Grecia per la diaspora dalla Turchia”. Bella donna, colori da slava, patria greca ma internazionale per vocazione. “Viaggio molto. Sono spesso a Londra” da cui ha preso il marcato accento della City. 

Come ti presento Marilli? “Sono un direttore artistico, ma soprattutto sono un cittadino attivo, da sempre”. Ma sei una donna ancora giovane, non hai vissuto il periodo della dittatura militare, da cosa viene questa vocazione? “Con o senza dittature bisogna essere impegnati socialmente, civilmente. E poi, se guardiamo bene, non è che gli ultimi decenni siano stati tanto diversi da quelli della Giunta dei colonnelli”. Paragone forse azzardato, ma la seguo e lei specifica. “Non era così difficile immaginare come sarebbe andata. A furia di boom in borsa e di generazioni dopate, il sistema è arrivato alla sua crisi naturale. Non poteva funzionare così, il capitalismo non può funzionare. Crescita infinita e lineare, consumi ipertrofici… siamo passati dal capitalismo industriale al metacapitalismo finanziario, virtuale, distonico dal valore reale delle imprese, della produzione. Mi pare chiaro che c’è una giunta, qualcuno che detta le regole. Non so se sia un comitato d’affari o cosa. Certo, questa non può essere definita una democrazia, ma un’oligarchia finanziaria internazionale, in cui la battaglia la combattono gli imperi, che non vogliono perdere posizioni. Giocano un videogame, hanno in mano i joystick. La crisi serve a ri-regolare i loro dominii, a riattualizzare il gioco. La crisi è come un download, quando si fa l’aggiornamento del videogame. Noi non contiamo niente, però tutti insieme abbiamo responsabilità enormi verso l’ambiente, e soprattutto verso la nostra cittadinanza”. Analisi resa con lo sguardo sereno, nessuna enfasi da pasionaria, semmai l’espressione della consapevolezza della banalità, come di chi riferisce cose del tutto chiare, note e condivise. Deve aver fatto spesso questi ragionamenti.

Provo a chiederle se, nonostante io condivida gli assunti di quel che dice, non manchi un pezzo: i comportamenti individuali. Marilli, se smettessimo di comprare come dei dementi tutto quello che ci viene propinato, se smettessimo di vendere le macchine quando hanno poche decine di migliaia di chilometri per comprarne altre con gli incentivi, forse quel comitato perdere qualcuno dei suoi affari, e qualcosa cambierebbe. “Non basta Simone. Hai ragione sulle responsabilità dei singoli. Ognuno può scegliere, questa sensibilità serve molto. Ma le cose sono più complicate. Chi è il “nemico”? Oggi nessuno lo sa. Se compri un prodotto non sai chi lo produce, dove lo produce, tu pensi che sia greco, invece è di un’azienda olandese o di chissà dove. Siamo comunque parte del gioco, sempre”.

E allora che facciamo Marilli? “Piccole comunità, attive, che riscrivano le regole della loro partecipazione attiva alla società in cui vivono. Piccoli gruppi che, con la solidarietà e nuovi modelli, cerchino di diventare consapevoli di ciò che accade”. Provo a chiederle di specificare, di dirmi cosa, come, chi, quando, dove, con che impatto, ma non ottengo molto. “Se non siamo attivi il potere decide per noi”. Non posso che condividere, naturalmente. Forse ci distanzia lievemente ciò che mi distanzia sempre da tutti, e cioè il peso che diamo all’azione individuale, al ruolo del singolo, invece che a quello della comunità. “Serve avere delle opinioni, circostanziate e originali. La parola “crisi” in greco vuole dire problema, ma anche giudizio, valutazione. Quel giudizio è l’opportunità insita nel disagio che stiamo vivendo. Torniamo a giudicare, scegliere. La politica è fare cittadinanza attiva, l’ho detto, non sono i partiti, comportamenti, non elezioni. La gente deve tornare a crederci. In Grecia il Parlamento ha funzione decorativa, nulla di più. Decide la Banca Centrale Europea, e dai partiti non viene nessuna buona notizia. Ecco perché dico che anche le metodologie della lotta devono evolversi, cambiare”.

Tu hai fatto in prima persona un progetto artistico per influire su questa situazione bloccata. Si chiama PIGS, e il riferimento è all’epiteto spiacevole dato ai Paesi meno virtuosi nella finanza statale europea. “Sì, orribile quel nome. Noi però siamo andati non solo in quei Paesi, ma anche in Belgio, in Danimarca, in Irlanda, per vedere, capire, perché questo della relazione tra cittadini e cosa pubblica è un problema che non riguarda solo il sud Europa. Abbiamo visitato, viaggiato, fatto domande, inchieste, ricerche, raccolto dati, materiali video, poi abbiamo messo tutto insieme, sul modello del collage multimediale. Ne è nato uno spettacolo-performance teatrale con uno splendido impianto drammaturgico, molto forte, efficace, che è stato rappresentato ad Atene nel 2013, con un forum collegato al lavoro di un visual artist (“Save”). L’anno prossimo, a luglio, saremo in Sud Africa, e poi in altri Paesi, spero anche in Italia (sarebbe bello che qualcuno che legge pensasse a come invitare Marilli per una rappresentazione, ndr). Il nostro obiettivo è creare consapevolezza, favorire la nascita di nuove e più consapevoli domande, aprire un dibattito, far dialogare la gente. Del resto se noi non lo facciamo, in qualità di intellettuali ed artisti, se noi che possiamo avere il microfono in mano non lo usiamo, a che serve il nostro lavoro?!”.

Il mio, il nostro di Mediterranea, è quello di darti voce Marilli, senza giudicare. Le domande, quelle vere e importanti, diminuiscono sempre nei giorni della decadenza, e si moltiplicano con la rinascita.