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(di Simone Perotti)

“Cos’è il Mediterraneo…”. Christos Hadziiosif, è un uomo riflessivo, pettinato e vestito in modo sobrio. Sembra un personaggio d’altri tempi, per il suo garbo, la sua mansueta espressione. Ma è un uomo di studi, colto e sensibile, e sa come dire cose dirette e senza troppi compromessi.

La mia domanda iniziale tuttavia è immensa, generica e al tempo stesso volutamente secca. Hadziiosif ci pensa prendendosi tutto il tempo necessario: “E’ una realtà geograficamente, fisicamente, politicamente, culturalmente divisa”. Un buon inizio per uno che di mestiere fa il Direttore del dipartimento di storia moderna e contemporanea presso l’Università di Creta  ed è anche Direttore del Centro studi sul Mediterraneo. “Un antropologo e uno storico può vederlo come una realtà unificante e unificata, ma il Mediterraneo è soprattutto divisione. Che tuttavia lavora in un continuo discorso di unificazione. I paesi industrializzati hanno lavorato molto per sfruttare il sud Europa e il nordafrica, come anche il Medio Oriente, dunque non c’è da stupirsi di questa divisione”.

E le religioni, aggiungo. “La religione è un pessimo filtro per cercare di capire le questioni del mondo…”.

Cosa serve per unire il Mediterraneo? “Occorre che la politica faccia cose concrete per migliorare la condizione dell’uomo, la sua vita quotidiana. Occorre rassicurare la gente, non gettarla nel panico. C’è troppa diseguaglianza sociale. Basta pensare alla Grecia. Se continua così, se le cose non vengono gestite con intelligenza, c’è il rischio della guerra civile”.

Un rischio concreto? “Una parte della società, sia generazionale sia della politica di sinistra, ha interiorizzato il rischio degli orrori della guerra civile e lavora perché non si ripetano. I giovani e un’altra parte del paese invece non l’hanno interiorizzato, sono manipolati, e sono alla mercé del pensiero razzista, xenofobo, nazionalista, violento. Del fascismo, anzi dei fascismi”.

Penso ad alta voce all’esercito e alla polizia… “Certo. I nuovi fascismi si espandono nelle forze armate e soprattutto nella polizia. Lo si vede nell’eccesso di reazione e di violenza messi in atto duranti gli scontri di piazza e la gestione dell’ordine pubblico nelle manifestazioni. Ma lo si vede anche nel modo in cui la polizia tratta, con due pesi e due misure, gli immigrati da un lato e i violenti dall’altro”.

Alba Dorata è stata decapitata, tuttavia. “Sì, anche se bisogna vedere cosa accadrà nel corso dei processi. Che siano fascisti e violenti non c’è discussione, lo sanno tutti, ma poi nei dibattimenti, nel percorso giuridico, chissà… Resteranno in carcere i vertici di Alba Dorata?” Sembra preoccupato Hadziiosif.

Quanto giocano gli interessi economici in questa partita del Mediterraneo? “Ci sono interessi diversi, spesso divergenti. Il nord Europa e il sud Europa hanno interessi diversi, sia per entità sia per direzione. Per la Germania il Mediterraneo è uno spazio economico secondario, per la Grecia e l’Italia è lo spazio vitale”.

In Italia non si parla così del Mediterraneo. E’ sicuro che tutti avvertano il Mediterraneo come uno spazio vitale? “Ha ragione. Tutte le energie sono state devolute ad entrare in EU, a far parte dell’Euro, e ora al tentativo di restare in Europa anche economicamente. Poco o nulla è stato fatto per occuparsi del Mediterraneo. In Grecia, almeno, si è perso di vista il valore e l’opportunità del Mediterraneo”.

Forse non è sempre stato così. “Fin verso agli anni ’80 la Germania e la Grecia avevano una relazione complementare. Erano un mercato scambievole. Oggi quello che la Grecia vendeva o offriva alla Germania, dai prodotti al turismo, lo vendono e lo offrono altri paesi, più a buon mercato, che la globalizzazione ha messo in competizione con la Grecia. Oggi la Grecia non serve a granché alla Germania…

Esiste un sentimento di comune cittadinanza mediterranea secondo lei? “Molto poco. I paesi del sud Europa pensano di essere diversi tra loro. Si dicono ‘noi non finiremo come i greci, siamo diversi’. Dunque la relazione non è sulle identità, ma sulle disomogeneità, sulle divisioni, sulle diversità. I paesi della fascia mediterranea non si conoscono. In Italia si sanno più cose della Germania che della Grecia”.

Ma non è evidente a tutti, come a me sembra, che il Mediterraneo sia la grande possibilità, la possibile soluzione per emergere dallo stallo e dalla decadenza, non solo economica, di questa epoca? “Non credo. Penso che questo lo pensino in pochi. Almeno in Grecia”.

E gli intellettuali cosa fanno? Il loro ruolo di guida, dov’è? Qualcuno pensa di indicare la via del Mediterraneo, perché altri seguano, si interessino, ci lavorino, prima di tutto la politica? “Guardi, non ricordo chi lo scrisse, forse Ortega Y Gasset: gli intellettuali sono i pretoriani della politica. Ecco, esiste una casta di intellettuali, dovunque, ma certamente in Grecia, che fanno da pretoriani del potere. Forse solo nelle università si respira qualcosa di diverso. Ecco lì ho visto tanto interesse per l’est, per il sud, per il mondo islamico, per l’Africa, per capire maggiormente e frequentare il Mediterraneo. Qualche professore è attivo, ma sono sopratuttto gli studenti a promuovere questa sensibilità”.

Mentre Hadziiosif parla della necessità di fare, operare, mettersi a vedere in concreto le cose che servono alle persone, come strategia di unificazione del Mediterraneo, decido di rompere gli indugi. In fondo siamo quasi alla fine dell’intervista. Gli dico che serve una nuova speranza, e che questa nuova speranza può essere il Mediterraneo, l’unione, il dialogo, l’incontro, ma su basi diverse, non economiche, prima di tutto culturali, e che l’esigenza di questa Nuova Frontiera Mediterranea è forte, e dovrebbero essere gli intellettuali a generarla, affascinando la gente, dando loro una nuova speranza. Hadziiosif mi segue con grande attenzione. Mi pare di veder balenare un lampo nei suoi occhi. Poi mi fa un segno d’assenso. “Mi sembra un bellissimo spunto… per concludere la sua intervista”. Mi sorride. Ci stringiamo la mano e ci diamo appuntamento a Creta.