World Oceans Day

(di Simone Perotti)

Sembra che la plastica, che nel Pacifico si raggruppa in enormi isole galleggianti, nel Mediterraneo scorra. A profondità variabili, seguendo le correnti. Si comporta in modo più nautico, per dirla così, della sorella oceanica, che tende a una natura insulare. Per qualche ragione altrettanto insondabile  – o forse non così difficile da comprendere, a ben pensarci – sembra che il fenomeno delle microplastiche sia assai marcato nel Mediterraneo, più che altrove. Decenni (la plastica è un’invenzione del 1861) in cui abbiamo buttato in mare l’impossibile, rendendo alcune baie che conoscevamo pulite, un tappeto di schifezze. Il mare ha fatto il suo corso, rompendo, spezzettando e poi masticando ininterrottamente quei rifiuti, rendendolo una poltiglia che neppure il suo possente stomaco divoratore di ere e trasformazioni riesce a digerire. Con buona pace di quell’irresponsabile di Donald Trump dovremo passare, come in parte già facciamo, i prossimi decenni a ripulire, senza riuscire neppure a recuperare che parzialmente la situazione.

Eppure, un po’ di ottimismo possiamo consentircelo. Basta ricordare che solo vent’anni fa le iniziative a sostegno e a difesa del mare erano poche e spesso male armate, mentre oggi la cultura diffusa si è allargata a tantissimi e assai abbassata per livello medio culturale delle persone ad essa sensibili. Sapere, essere almeno avvisati, è già molto. In un mondo che sembra continuare a macinare progresso distruttore, aumenta il peso, ancora minoritario, di chi immagina per sé e per il mondo uno stile di vita diverso

Lo scatto necessario, come sempre avviene, è l’azione. Progetto Mediterranea è forse la più piccola delle iniziative nell’ambito del sostegno e della promulgazione di una cultura del mare e del rispetto dell’ambiente marino, ma ha un pregio: è senza sponsor, è sostenuta da gente comune che non aderisce a partiti, religioni o altri analoghi credo, eppure è nata, ha immaginato, è cresciuta, ha trovato amici, è salpata e ha fatto un certo numero di cose nell’ambito della ricerca sul plancton (dove per una parte ha effettuato i primi prelievi di plancton della storia della ricerca nel Mediterraneo, ancora scoperto per oltre un terzo della sua estensione), e delle microplastiche, occupato simbolicamente isole minacciate dalla speculazione edilizia, promosso convegni, incontri, interviste, e diffuso tutto attraverso i media. Un risultato piccolo in assoluto ma molto significativo in relativo. Se un uomo (e un progetto) si giudicano non per dove arrivano, ma da dove partono, credo che Progetto Mediterranea possa vantare qualche merito. Dei quali, per altro, ci interessa poco.

Tranne che per uno, che invece vale la pena sottolineare: l’azione è possibile. Sempre. A tutti. Ed è il transito dai buoni sentimenti, carini ma inutili, alla realtà, non sempre come la vorresti, ma efficace. Stante che, come si è detto, per la tutela del mare si deve essere soddisfatti della cultura in crescita ma occorre incrementarne l’azione, ne siamo particolarmente orgogliosi. La nostra spedizione è a rischio dal primo giorno in cui è nata, come ogni progetto, sempre minacciato da egoismi, invidie, mancanza di fondi, ma teniamo duro. La porteremo a termine? Lo speriamo tutti. Ma non conta. A noi interessa aver pensato qualcosa che è anche utile per ciò che amiamo; interessa aver progettato qualcosa che sta in piedi, un’organizzazione libera dai poteri forti e capace di esprimersi per quel che vale; inorgoglisce aver realizzato prelievi di plancton preziosi per la ricerca in tratti di mare mai studiati; sta a cuore aver fatto esperimenti a bordo sulle microplastiche. L’uomo, quando dice di amare qualcosa, lo deve difendere, preservare, non mettere in pericolo e minacciare. Altrimenti è solo un bugiardo, o nella migliore delle ipotesi un ipocrita. E noi, in tutto questo, ci siamo guadagnati almeno filosoficamente ed esistenzialmente il rispetto di noi stessi.

Vorremmo fare di più, come ognuno dovrebbe. Ma è assai meglio accorgersi di poter e dover fare di più che di non aver mai neppure iniziato a fare qualcosa. I gravi problemi del mare non li risolveranno le istituzioni, la politica, e forse neppure le università. Li risolveranno le donne e gli uomini di mare. Almeno quando in massa decideranno di smettere di affollare le autostrade e le tangenziali, inquinando la terra, per dedicarsi a fare qualcosa, anche poco, per il loro amato mare.