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(di Simone Perotti)

Dove posso incontrare il Direttore degli scavi di Yenikapi, il maggior ritrovamento di navi antiche mai effettuato, sulla costa sud di Sultanhmet, se non al Museo Rahmi Koç, sulle sponde del Corno d’Oro? Si tratta di una struttura di grandi dimensioni, donazione del grande magnate e industriale da cui prende il nome, collezionista maniacale di oggetti e mezzi, dalle navi alle automobili, dalle case di bambole ai treni.

Un luogo vagamente incantato, tra “La Fabbrica del Cioccolato” e “Wonderland”, tra un serioso museo navale e un parco dei sogni. Ufuk Kocabas è il Direttore archeologico di una parte degli scavi, insieme al suo team dell’Università di Istanbul. Dunque partecipa da protagonista a un lavoro senza precedenti. Fior di archeologi lavorano, e sono fortunati, ad una nave antica per tutta la loro carriera, lui e i suoi colleghi lavorano a uno scavo di ben 37 galere che copre circa 600 anni, dall’era di Teodosio I (IV sec) all’anno Mille. “Un ritrovamento senza precedenti, che ci dirà tantissimo sull’antichità navale, e non solo, dato il numero impressionante di oggetti e merci che abbiamo rinvenuto a bordo delle navi”. E’ un autentico appassionato, oltre che un esperto e un professionista.

“Siamo nel Corno d’Oro. E’ un porto naturale fantastico, in cui c’è stata attività dell’uomo fin dall’antichità, riparo per navi da chissà quanto tempo. E bello parlarne qui, visto che Rahmi Koç era anche un marinaio appassionato, oltre che un collezionista”.

Comincio a chiedergli qualcosa su Istanbul e la cultura turca del mare: “L’impero romano e il regno bizantino erano imperi del mare” Accidenti… Lo sostengo da sempre, almeno relativamente a Roma antica, in spregio a quel che leggevo sul sussidiario da piccolo, che mi descriveva i romani come gente che non sapeva andare per mare, che l’aveva fatto controvoglia, per necessità, senza eccellere, mica come i Fenici e i Cartaginesi! “Ma figuriamoci. Quella era gente che, con la tecnologia che aveva, sapeva compiere imprese straordinarie, e che navigò nel Mar Nero per secoli, ad esempio, a dispetto di quel che si dice. Qui transitavano i mercanti di mezzo mondo. Tutte le merci dell’antichità sono passate da qui, tutti gli scambi tra oriente e occidente. Ma non solo: tra Alessandria e Costantinopoli c’era una rotta commerciale continua, dalle granaglie ai metalli preziosi. Pensi che per risalire i Dardanelli e il Bosforo, che con le loro correnti non erano affatto facili da superare, inventarono un sistema di cambio simile a quello dei cavalli e dei carri. Su un’isola egea trasferivano le merci su navi affusolate e più leggere, con cui riuscivano a risalire le correnti. Uno sforzo ciclopico, che però dà la misura di quel che erano capaci di fare”. Molto interessante.

Facciamo qualche digressione, soprattutto perché io ho delle curiosità antiche. Ad esempio sull’armo bermudiano e sulle vele triangolari. Gli chiedo se sia vero che nell’antichità non esistevano, cosa di cui ho sempre dubitato. “Ma certo che esistevano. L’idea che le vele triangolari siano un’invenzione extra-mediterranea o peggio oceanica è una sciocchezza. Nel Mar Rosso ci sono sempre state, credo, almeno già nel I e II secolo. Nell’VIII secolo certamente ce n’erano tante e nel IX secolo gli armi a velatura mista, latina e quadra, erano molto diffuse”. Appunto.

Gli chiedo come mai nelle epoche antiche, in cui certo non era diffuso alcun concetto di standard, di UNI, di segmentazione per modelli industriali, di progettazione condivisa e certificata, una nave, la galera, seppe restare sostanzialmente la stessa, pur costruita da popoli diversi, per quasi milleseicento anni. “E’ vero. La galera sorge dall’antichità e arriva quasi all’epoca moderna come unica e diffusissima nave da battaglia e talvolta anche da trasporto. Ovviamente i modelli differivano per tante piccole cose, migliorie, e si sono lievemente evolute nel tempo, ma sostanzialmente l’armo era identico”. Gli chiedo ad esempio se avessero anche tre alberi, come si dice: “Non ne siamo certi. Due certamente. Ma evidenze della galera trialbero non ne abbiamo mai trovate per certo. Io però penso di sì”. In ogni caso è sorprendente: le galere, lunghe circa 30 metri e larghe 4-5 metri, con un’ottantina di uomini a bordo, a volte anche di più, sono state La Nave per secoli e secoli. Poi il mondo è cambiato proprio in concomitanza con l’invenzione delle navi a chiglia tonda, caravelle, galeoni, grazie alle quali si attraversò l’Oceano e si diede il via alle grandi rotte verso il Nuovo Mondo.

In realtà siamo pieni di citazioni, nella storia letteraria, da Platone e Strabone e perfino agli storici cinesi, di possibili traversate atlantiche fatte in epoche ancor più remote, ma sarebbe lungo e incerto entrare in questo discorso. Sta di fatto che con le galere i Romani arrivarono alle Canarie. Chissà che non siano anche andati oltre. Un po’ mi perdo su questi pensieri, lo ammetto.

Insomma, il mare univa la gente, creava standard quando l’epoca del progetto e del manufatto standardizzato era lontana ancora millecinquecento anni. Un’unica lingua comprensibile da tutti, navi uguali e condivise…Kocabas non sembra raccogliere la suggestione. “Stiamo cercando di comprendere le differenze tra le navi sia verticalmente, nei secoli, sia orizzontalmente, tra le genti. Certo è che affacciandosi dal Topkapi, o ancor prima da un palazzo bizantino, qui si potevano vedere all’àncora navi con bandiere e insegne e uomini di tutto il mondo conosciuto”. Doveva essere una scena magnifica…

I ritrovamenti daranno vita al più imponente museo navale antico del mondo. La gara è stata fatta, anche perché il sindaco di Istanbul è un architetto, che si vede tiene molto a questa idea.

Torno alla domanda sul ruolo del mare e del Mediterraneo per i turchi. “Guardi, io sono figlio di due grandi appassionati di mare. Nel mio villaggio, da piccolo, ognuno aveva una barchetta e si andava sempre per mare. Era splendido. Oggi mi pare che la cultura del mare sia un po’ in calo. C’è ancora, ma dovrebbe e potrebbe essere implementata”. Questo mi ricorda l’Italia, anche se noi stiamo peggio, visto che pochissimi conoscono un ammiraglio della caratura di Andrea Doria o altri suoi colleghi dei secoli andati mentre qui tutti conoscono non solo i loro eroi (da Thurgut Rais a Khair ad Din a Piri Reis) ma anche i nostri. “Certo che li conosciamo! Per noi, sono degli eroi”.