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(di Simone Perotti)

Tblisi, Georgia. Riva più orientale del Mar Nero. Punto si incontro, scontro, sutura tra cristianesimo ortodosso, cattolicesimo, islam, ebraismo. Una delle tante nuove frontiere della nuova guerra fredda, come già in Ucraina, anche qui, al nord, in Abkasia e Ossezia. Meno di quattro milioni di abitanti, eppure Paese ricco di fiumi, laghi, montagne innevate, altipiani, e poi valli, marine. Qui è nato il vino, la gastronomia è ricca e sfumata di influenze persiane, asiatiche, mediterranee. Un passato di schiavitù al totalitarismo sovietico, ancora visibile facendo così col dito sulla patina della modernità. Un cantiere straordinario di design architettonico, assai più della celebrata Berlino. Un orientamento marcato, deciso, ostinato verso il Mediterraneo e l’Europa.

Il punto più a levante dell’intero viaggio di Mediterranea è un luogo d’aria, di luce, di gente cordiale, sicuro, confortevole. Una delle stanze della nostra grande casa del Mediterraneo, scoperta, riscoperta, quasi per caso, è bella, ha cose da darci e da dirci. Arricchisce il viaggio. Non è stato inutile navigare tante miglia per venire fin quaggiù. Non è mai inutile fare miglia, ma inutile stancarsi tenendo la prua dove l’abbiamo orientata una sera invernale pensando lontano. Da qui iniziamo un lungo giro per occidente, poi ancora nord verso Romania a Bulgaria. Poi Bosforo e Dardanelli ancora, per ritrovare l’Egeo delle isole greche e delle coste anatoliche. 

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Domani Mediterranea riparte. La sua leggera ostinazione, i suoi alveoli dilatati, la sua pervicace curiosità non si stemperano, non si diluiscono, semmai si caricano, crescono. Tredici mesi dopo, per i restanti quattro anni. Domani si va. Un po’ controvento, controcorrente, come capita a volte. Ma non esiste vento sfavorevole per il marinaio che sa dove andare. Almeno, questa è la fiducia di Giasone. Ripartiamo dalla Colchide, come fece lui nella seconda parte del suo viaggio. Domani.