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(di Simone Perotti)

Ha la faccia di un attore francese, e di un marsigliese. È grosso, divertente, recita, ha una mimica straordinaria. È immediatamente simpatico, ed entriamo subito in contatto. Si chiama Bruno Leydet, è un artista, scrittore, organizzatore culturale. Gestisce uno spazio artistico aperto, l’Hangart, su cui ci racconta subito un aneddoto divertente: “In Francia c’è pieno di luoghi d’arte che si chiamano ‘Hang’art’, gioco di parole sottolineato dall’apostrofo. Io volevo chiamarlo così, ma stavo per cambiare idea. Poi in un momento di immensa creatività ho tolto l’apostrofo”. Ridiamo insieme. Il suo Hangart è un luogo dove con pochi soldi, artisti e musicisti possono esibirsi, fare mostre, fare spettacoli. “Tutti pensano sempre a rendere disponibile l’arte per il pubblico, senza escludere nessuno. Ma il problema è non escludere gli artisti, è consentire a tutti gli artisti di esprimersi. Altrimenti il pubblico viene, ma tante cose belle non potrà mai vederle”.

Poi partiamo su Marsiglia: “Ci sono tre città nel mediterraneo: Cartagine, Roma e Marsiglia…”. Questa affermazione ritornerà anche in altri dialoghi con marsigliesi, intellettuali e gente comune. Annoto un legame profondissimo con Roma e la latinità, come se il passato greco fosse stato rimosso, e come se il Mediterraneo, per i francesi, si fermasse a Capo Passero, tutt’al più a Malta. Mi chiedo dove sia il Levante, il passato francese del Libano, la relazione con l’Egitto. Interessante. “Qui il problema è politico, del Governo della città e della Regione. Al governo non ci sono i marsigliesi, e si vede. Queso lungo governo (già alla quarta legislatura, il sindaco sfiora i vent’anni di mandato, ndr) non ha fatto nulla per il Mediterraneo. Marsiglia è la capitale ideale della latinità, e questa questione della latinità è profondamente legata a Marsiglia. Marsiglia è figlia di Roma”. Davvero curioso questo riferimento alla latinità come sorta di matrice prioritaria. (Me lo diranno anche i Massilia Sound System, “La Provenza è Roma”). “L’Europa non mi appassiona, e non appassiona nessuno qui. La Francia e l’Europa pensano a Marsiglia più di quanto noi pensiamo a loro”.

Leydet mi spiega che qui al Vieux Port, dov’è ormeggiata Mediterranea e dove siamo noi ora a conversare seduti sotto coperta, per proteggerci dal gran caldo, è una sorta di ipercentro della città. Ma la città è organizzata per quartieri. “Solo che qui i quartieri periferici non sono fuori, ma sono sparsi dentro la città. Come una città con molti centri, non tradizionale. E lo stesso vale se mi chiedi qual è l’identità marsigliese. Ce n’è una francese, certamente, poi una precipuamente marsigliese. Poi una mediterranea, anche se su questa sono un po’ incerto. Credo che alla fine nessuno abbia mai pensato davvero o pensi oggi al Mediterraneo”. E di questo mi convinco sempre più navigando per le coste francesi, anche ora, seduto in un bar di Sète, dove il Mediterraneo italiano e corso lo respiro ai lati del porto canale colorato e luminoso. La Francia ha un problema col Mediterraneo. Come fosse un figlio che non vuole riconoscere, o un figlio rompiscatole che vorrebbe ripudiare.

“Il problema qui è anche mediatico. I canali di comunicazione non raccontano, non dicono niente. Solo gossip e notorietà. Manca uno story-telling della nostra realtà, e soprattutto della nostra matrice mediterranea. E quando nessuno ti racconta una storia, finisce che tu quella storia non la conosci”. Bruno mi racconta che il terreno culturale di questa città è ricchissimo, ma è come se si stesse inaridendo, perché “nessuno irriga”, nessuno bagna, nessuno tiene vivo. Sentirlo dire a un marsigliese, francese dunque, fa a me, mediterraneo italiano, un certo effetto. Abbiamo noi a sud una visione diversa della Francia, oppure abbiamo una visione distorta di noi stessi? Bruno continua: “Marsiglia è un posto contraddistinto da un’esagerazione di fondo. È una città esagerata. Tutto si amplifica, tutto si avviluppa. Così anche quando si fa male, si fa peggio, come nel caso del 2013, Marsiglia Capitale Europea della Cultura, dove non si è detta una parola su Frédéric Mistral, premio Nobel per la Letteratura, poeta simbolo dell’occitanità, e su Jean-Claude Izzo, uno dei grandi cantori di Marsiglia, forse il più grande: una cosa incredibile, che non si può immaginare”. Gli obietto che Mistral era un federalista, occitano e intransigente, e Izzo un comunista, e c’è un governo di centrodestra. “È così. Qui pesa moltissimo la “non-risposta” della sinistra. Tutto quello che la destra ha fatto è stato sottrarre alla sinistra le grandi questioni popolari. Bisogna che la sinistra vada e si riprenda le sue cose”. Chiedo a Bruno Leydet se si tratti davvero di una questione di idee, e non anche una faccenda di uomini. “Il problema sono le idee” lo afferma con sicurezza, e mi guarda negli occhi. Spera forse che sia d’accordo con lui, lo spera per sé. Io annuisco, dico che questo dà speranza, perché le idee si possono inventare, gli uomini no. Mi pare rassicurato. Io un po’ meno, perché so che per una quota non ho detto tutto quello che penso a riguardo.

Parliamo d’altro, di responsabilità individuale, di necessità di mettere un freno alla “politica dei malviventi”. Si riferisce alle speculazioni immobiliari, al cambiamento della città: “Vogliono fare il trucco a questa città, ma è sbagliato. La soluzione, e parlando con te me ne rendo conto sempre di più, è la latinità e la mediterraneità. Qui nessuno conosce Fernandel, ma è mai possibile? E Izzo. Così non va. Così non c’è avvenire”.

Mi soffermo a pensare a quel che io penso su ciò che non sappiamo noi, in Italia, mentre Bruno si infila le scarpe sul molo e mi saluta con un bel sorriso. Tutto sommato, almeno nei difetti, non siamo così diversi dai marsigliesi.